Descrizione
Pur non appartenendo a un proprietario privato in quanto eretta per devozione dai fedeli, fu dotata di un beneficio da tal Santo Centonze con atto rogato dal notaio Ferdinando Zecca il 23 Febbraio 1610.
Nonostante ciò, circa 30 anni dopo la cappella era malridotta, sia per lo stato di disfacimento delle canne del tetto, del pavimento e dei muri e sia per carenza di arredi sacri, tanto che nel 1640 al 1646 fu più volte sul punto di essere destinata ad usi profani o demolita per venderne le pietre, il cui ricavato sarebbe dovuto servire per l’altare di S. Antonio da Padova parrocchiale.
Persone devote, però, tra cui in modo particolare Giovanni Palmieri e Angelo Pinto, si impegnarono a compiere le necessarie riparazioni, provvedendo al completo rifacimento di due porte e di due muri.
Nell’interno si trovava l’immagine di Sant’Antonio Abate dipinta su tela, al di sopra della quale si poteva ammirare l’affresco del Crocifisso, mentre ai lati dell’altare si notavano le immagini di S. Lucia e S. Caterina.
La cappella successivamente fu dotata riccamente da una certa Lucia Renza con una donazione consistente in 150 alberi di ulivo situati nel feudo di San Pietro in Lama e ratificati dinanzi al notaio Marco Antonio Pienzo di Lecce.
Nel ‘700 la cappella, di patronato della famiglia Palmieri, fu quasi sempre tenuta in buone condizioni.
Verso la metà del secolo, anzi, Don Benedetto Palmieri di Lecce vi costruì un nuovo altare, che contribuì, insieme con altre opere di restauro, a far sì che essa si presentasse in buono stato, con il tetto di canne sostenute da travi, in pavimento di pietra e da una piccola campana.
I Palmieri seppero conservarla abbastanza decorosamente per tutto il ‘700 e il secolo successivo, anche se di tanto in tanto non mancarono dei moniti vescovili perché se ne restaurasse o se ne sistemasse qualche parte o si integrassero gli arredi sacri, come nel 1881, quando, pur essendo stati provvisti candelieri ed ostensori nuovi, mancavano alcuni oggetti necessari al culto.
Agli inizi del ‘900 ka cappella era di diritto patronale dei signori Doria, eredi di Domenico Politi; successivamente, fu donata alla parrocchia e restaurata dal rettore Don Angelo De Giorgio, che la provvide di decorosi paramenti sacri. La sua superficie attuale è di 40 metri quadri.